mercoledì 26 gennaio 2005

Olanda. Come mai?

Non volevo far passare gennaio senza nemmeno un post relativo all'argomento principale di questo blog. Essendo però in un periodo privo di impegni per la nazionale ero in difficoltà non sapendo quale argomento trattare.
Avevo pensato di rievocare partite del passato particolarmente significative oppure di rivivere le competizioni in cui l'Olanda è stata protagonista oppure ancora di ricordare i momenti di gioia o di enorme delusione (questi ultimi ahimé molto più numerosi dei primi) che mi ha regalato questa passione...
Alla fine ho deciso invece di fare un tuffo nel mio passato nel tentativo di spiegare come questa passione sia nata e di accontentare coloro che me ne hanno chiesto la ragione.

Avevo poco più di 4 anni quando ho avuto il mio primo album dei calciatori. Grazie alle figurine ho imparato a leggere e cominciato a tifare. Fiorentina.
Naturalmente mio padre, toscano, ha avuto un ruolo importante in questo ma non sono mai stato facilmente condizionabile. Credo anzi che se fossi nato a Firenze la mia fede calcistica sarebbe stata diversa a causa della mia tendenza innata a non omologarmi al gruppo. I miei amici erano tutti genoani o sampdoriani e questo, invece di dissuadermi, rese ancora più salda la mia passione. Quel colore viola poi, così originale, quella maglia così diversa da tutte le altre fecero il resto.

Non è un caso che sia arrivato a parlare del colore della maglia in quanto sono convinto che abbia avuto molta importanza anche nella scelta che feci qualche anno più tardi. Allora di calcio internazionale non sapevo praticamente nulla ma quando ci trovavamo a giocare nel campetto sotto casa e, come è tipico nei bambini, fantasticavamo di essere campioni affermati, io impersonificavo sempre lo stesso: Cruijff. Di lui sapevo quello che avevo letto sotto la sua figurina in un vecchio album dedicato ai campioni di ogni disciplina sportiva: interno di punta dell'Ajax e capitano della nazionale olandese.
Lo scelsi un po' per il prestigio di quel ruolo, il classico numero 10, un po' per la simpatia che mi ispirò l'Olanda, soprattutto dopo che ebbi chiesto a mio padre cosa mai avesse vinto ed ebbi in risposta un laconico "niente".

Sì, credo sia stato determinante. Tifare per una squadra comunque valida che però non avesse mai vinto nulla era una bella sfida, una di quelle sfide che hanno sempre caratterizzato le mie scelte in ambito sportivo. Sfide contro tutto e contro tutti che già sapevo che mi avrebbero riservato delusioni ma che ho sempre accettato con piacere nella speranza di ottenere soddisfazioni più grandi.

Aspettai con ansia l'uscita dell'album dedicato al mondiale argentino del '78 e fui sorpreso e deluso nel constatare che Cruijff non era presente. In compenso rimasi affascinato da quelle maglie di un arancione vivo e imparai immediatamente a memoria i nomi di tutti e sedici i giocatori olandesi. A scuola i miei compagni parlavano di Rossi e Bettega, io di Neeskens, Rep e Rensenbrink, quasi orgoglioso di essere il solo a conoscerli.

Quando il mondiale cominciò ebbi finalmente la possibilità di vedere l'Olanda per la prima volta.
Sono passati quasi 27 anni da quella gara contro l'Iran ma ricordo ancora benissimo quel pomeriggio. Fu l'inizio di questo mio strano amore che, a differenza di altri che sono entrati e poi usciti dalla mia vita, ha sempre mantenuto saldamente il suo posto.